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Inceneritori e rifiuti pericolosi. Le nuove norme sfidano i bilanci

Sul calendario degli inceneritori italiani c’è una data cerchiata in rosso: 5 luglio 2018. Da quel giorno, infatti, scatta in tutta l’Unione europea l’applicazione del nuovo regolamento comunitario che riguarda la classificazione della pericolosità dei rifiuti per l’ambiente (il 2017/997). E in quanto regolamento, le sue pagine vanno prese alla lettera da tutti gli Stati membri. Italia compresa. Per le scorie e le ceneri pesanti prodotte dagli impianti di incenerimento potrebbe essere una rivoluzione: applicando i criteri del regolamento, infatti, da rifiuto “non pericoloso” potrebbero risultare rifiuto “pericoloso”. Il condizionale è d’obbligo, perché nonostante sia stato dato oltre un anno di tempo alle imprese e alle autorità competenti “per adattarsi ai nuovi requisiti” -come si legge nel testo adottato dal Consiglio dell’Ue l’8 giugno 2017-, il nostro Paese rischia di trovarsi impreparato.

“Questo regolamento era molto atteso”, spiega il dottor Giovanni Cherubini, dell’ufficio Analisi chimiche dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA) del Friuli-Venezia Giulia. “Fino ad oggi -continua Cherubini- i Paesi europei potevano adottare discipline autonome rispetto all’attribuzione della caratteristica di pericolo HP 14 ‘Ecotossico’”. L’Italia -che si riferiva alla cosiddetta normativa ADR (legge 125/2015)- era tra questi. Con le nuove regole europee, invece, i ben più restrittivi limiti di concentrazione delle sostanze pericolose vengono abbassati anche di dieci volte. E la definizione di “Ecotossico” contenuta nel regolamento (con criteri annessi) varrà per tutti: “Rifiuto che presenta o può presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali”.

Risultato? Molti rifiuti verranno riclassificati da non pericolosi a pericolosi, e potrebbe trattarsi ad esempio di ceneri pesanti o scorie, dove sono presenti ossidi di rame o di zinco e il cui limite di concentrazione passa da 25mila mg/kg a 2,5mila mg/kg. Non è questione di poco conto. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), i 41 inceneritori che nel nostro Paese hanno trattato rifiuti urbani (26 al Nord, 8 al Centro e 7 al Sud), hanno prodotto 1,4 milioni di tonnellate di rifiuti, il 23% del “totale incenerito” (dati 2016). La maggioranza schiacciante di questi, e cioè 1 milione di tonnellate, faceva riferimento proprio alla voce “ceneri pesanti e scorie”, classificate prima del 5 luglio 2018 come “non pericolose”. Quelle già “pericolose”, invece, sono al di sotto delle 153mila tonnellate.

L’applicazione del regolamento europeo, in teoria, imporrebbe quindi agli impianti una profonda trasformazione ambientale ma soprattutto economica. L’ha riconosciuto anche il direttore generale di una società pubblica che gestisce uno degli undici forni inceneritori di rifiuti urbani attivi in Lombardia. “L’applicazione del nuovo regolamento europeo -si legge in un verbale del consiglio di amministrazione di inizio 2018- potrebbe portare ad una nuova classificazione delle scorie come pericolose; la mancanza di impianti sul territorio nazionale per il recupero di scorie pericolose e la scarsezza di discariche autorizzate per i rifiuti pericolosi sul territorio nazionale ha destabilizzato il mercato alzandone in maniera significativa i prezzi”. Trattare un rifiuto “pericoloso” costa di più e le gare a prezzi antecedenti al 5 luglio -come accaduto per quel forno- vanno deserte.

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