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CIP6, i finanziamenti pubblici agli inceneritori

Nel 1992 lo Stato italiano ha introdotto una forma di finanziamento pubblico – il CIP6, equivalente a circa il 7% degli importi in bolletta pagati dai cittadini – da destinare ai produttori di energia elettrica da fonti energetiche “rinnovabili o assimilate”. Due termini all’apparenza innocui, ma che negli anni hanno consentito di disperdere oltre 35 miliardi di euro.

L’incentivo si inseriva nel contesto europeo di promozione e sviluppo delle energie rinnovabili, ovvero il solare, l’eolico, il geotermico, l’idroelettrico ed altre fonti, in seguito definite in ambito comunitario dalla Direttiva Europea 2001/77/CE. Tuttavia, mentre in Europa veniva avviato un percorso giusto e lungimirante, orientato a favorire il progresso di nuove tecnologie in grado di portare benessere e attenzione all’ambiente, in Italia nasceva una distorsione normativa unica nel suo genere, che di fatto rispondeva ai più indegni interessi economici di petrolieri e trafficanti di rifiuti. Il concetto di energia “assimilata” alle rinnovabili, infatti, è nato e vissuto solo in Italia, ed ha attraversato senza traumi Governi di destra e sinistra. Rappresenta il censurabile tentativo – riuscito, fino ad oggi – di accostare fonti energetiche pulite a sorgenti altamente inquinanti, dai combustibili fossili (tra cui petrolio e carbone) ai rifiuti inorganici.

In Italia, la Direttiva Europea viene recepita nel 2004. Sarebbe stata un’ottima occasione per cambiare direzione, aprire gli occhi al futuro. Invece si è scelto di proseguire nella violazione, garantendo proprio ai rifiuti la possibilità di accedere ai medesimi incentivi riconosciuti alle rinnovabili. Dal 2004 al 2007, anno in cui la Finanziaria ripristina temporaneamente le coordinate imposte dall’Europa, seppur con ulteriori deroghe – l’emergenza rifiuti in Campania ha difatti reso vano l’intervento -, l’Italia è fuori dalla legge comunitaria.

Il risultato è, oggi, una produzione di energia elettrica nazionale che per l’81% è generata da fonti inquinanti. Nessuna politica di incentivazione nell’ambito delle energie alternative, rinnovabili e “pulite”, nonché del sempre meno considerato risparmio energetico. Un solo dato è sufficiente a comprendere l’entità della devastazione: nel 2006, il CIP6 ammontava a circa 6 miliardi di euro. Di questi, 5 miliardi e mezzo sono stati conferiti ad impianti per energie assimilate (inceneritori, centrali a combustibili fossili), il resto – 600 milioni di euro, meno di 1/10 del totale – ad impianti per energia rinnovabile. In ambito locale, l’azienda ASM (oggi A2A) ha percepito oltre 450 milioni di euro di finanziamento pubblico, a fronte di un impianto – il noto inceneritore di Brescia – costato circa 150 milioni.

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